9 dicembre 2024

da | 9 Dic 2024 | Diario del re del bosco

 

Un autentico tesoro archeologico giaceva sommerso e dimenticato, imprigionato dalle mura di una villetta costruita certamente non più tardi degli anni Cinquanta del secolo scorso in maniera del tutto illegale. Eccolo lì, pensai, un enorme patrimonio culturale sepolto sotto una mediocre costruzione residenziale con tanto di recinto per tenere le galline, parcheggio per la macchina, ripostiglio degli attrezzi e ovviamente antenna parabolica per vedere le tivù satellitari. Sporgendo la testa per vedere al di là della rete metallica pensavo a quale risorsa economica giaceva inutilizzata con grave danno per gli abitanti della zona: il “teatro del duello” riportato alla luce avrebbe reso famoso questo luogo incantevole, continuavo a meditare con un poco di  rabbia in corpo, più di quanto non lo fosse già tra le persone colte che conoscono Il ramo d’oro di Frazer e la storia delle navi e il resto, attirando perciò un turismo ricco e ragionevole e rispettoso dei siti archeologici e della natura, molto diverso dunque dal turismo di massa nocivo e devastante del quale purtroppo in Italia e soprattutto a Roma abbiamo numerosi esempi (davvero preferirei allora, per scongiurare tale eventualità, che il lago di Nemi rimanesse uno sconosciuto paradiso per pochi privilegiati).

Mi domandai poi come fosse stato possibile edificare quella casetta sopra un terreno vincolato dalle leggi per la protezione dei beni archeologici e anche come mai nessuno si occupasse di abbattere questo palese abuso edilizio, ma subito mi resi perfettamente conto dell’ingenuità dei miei quesiti.  Riflettendo più realisticamente ed ascoltando il coccodè delle galline impegnate a covare le uova che il responsabile dell’abuso avrebbe assaporato forse con il contorno di carote e di lattuga, compresi che l’illegalità avrebbe trionfato ancora qui come altrove e per sempre in questa povera Italia per la semplice ragione che nessuno avrebbe mai avuto veramente voglia di mettersi a telefonare, a domandare, a litigare rischiando ritorsioni, a ricercare negli archivi le autorizzazioni edilizie, i certificati, insomma a fare tutto ciò che sarebbe necessario per riportare alla luce il teatro del santuario, e nessuno avrebbe mai avuto il desiderio nemmeno d’immaginare quanto sarebbe bello restaurarlo e rimetterlo in funzione per poter assistere a nuovi spettacoli dopo duemila anni.