8 dicembre 2024

da | 8 Dic 2024 | Diario del re del bosco

 

Oggi si celebra l’Immacolata Concezione. Il dogma cattolico non lo capisco, non lo posso capire, ma mi è cara la figura della Vergine Maria, per infiniti motivi.

Non è lontana questa casta giovanissima ragazza dalle altre immagini universali della grazia femminile, della dolcezza, della maternità. La mia devozione va a tutte quelle incarnazioni della celestiale purezza, che prende varie forme. Che non sono sempre arrendevoli e mansuete: provate a strappare un bambino dalla braccia di sua madre. Tirerà fuori gli artigli e guai a chi ci ha provato. Una madre sa essere severa, forte e anche spietata.

Il santo Ramakrishna entrava a pregare nel templi della dea Kali, in India, dove la dea Kali ha talvolta una dolcezza paragonabile a quella della Vergine Maria. Ma anche e forse soprattutto è una madre che distrugge e uccide perché posso rinascere qualcosa. E per tutte la altre dee della sacra religione indiana è così: Durga, Parvati (Uma), la Devi Kumari in Nepal, e la Devi Kanya Kumari nel Sud del continente indiano, e poi Saraswati,  Lakshmi…

E nel mondo greco latino, le divinità femminili che si confondevano una nell’altra: Afrodite e Venere, Artemide e Diana, Demetra e Cerere, Gea e Tellus, Persefone e Proserpina…

Nomi diversi di un’unica Grande Madre, che in fondo non è altro che la faccia femminile di Dio. Ieri scrivevo proprio di questo, raccontando della trasformazione dell’Ippolito greco in Santo Ippolito e delle seguenti trasformazioni divine sulle rive di quel lago che è come un grande ventre materno.

Oggi è una giornata piovosa, e per certi aspetti dolorosa. Il mondo non trova pace, e nemmeno noi singolarmente. Come chiameremo quella forza primordiale, potente e assolutamente innocente a cui chiediamo aiuto senza pronunciare parole? Il nome non lo sappiamo, ma non importa. E non siamo capaci di dire nemmeno una preghiera. Il nostro invito, supplica e implorazione sarà fatto di gesti silenziosi nella casa che abitiamo, di uno strano sentimento di attesa e nell’osservare il cielo scuro e quasi buio, sperando che un poco di luce venga a rischiaralo.