7 dicembre 2024

da | 7 Dic 2024 | Diario del re del bosco

 

No, no, certamente gli Dei non muoiono, non ci lasciano indifesi di fronte all’ingiustizia, alla violenza e alla malattia nostra e della società, e lasciano una forma per assumerne un’altra attraverso lo scorrere del tempo. Ad esempio, nel calendario di agosto – meditavo guardando in riva al lago gli attrezzi utilizzati durante gli ultimi scavi, ormai impolverati, dimenticati reperti di un’epoca ormai trascorsa, quella dei finanziamenti statali – viene ricordato Santo Ippolito, martire cristiano, ucciso da cavalli imbizzarriti, esattamente come l’Ippolito delle leggende greche riguardanti Virbio e il “re del bosco”. La festa in onore di Diana, a metà agosto, durante la quale una processione notturna raggiungeva il santuario, si è trasformata nella ricorrenza dell’Assunzione della Vergine Maria; ed innegabili somiglianze si possono cogliere tra la tradizionale iconografia della Vergine Maria stessa – la madre che tiene in braccio il suo bambino – e le rappresentazioni egiziane e poi romane di Iside con in braccio il piccolo Horus, anche lui figlio di una vergine, come del resto il dio Mitra ed altri innumerevoli bambini divini delle religioni di tutto il mondo… Perché ciò che risulta evidente, riflettevo entrando in un diroccato casale di epoca moderna per una breve perlustrazione, è la comune origine delle varie divinità adorate anticamente qui a Nemi, personificazioni diverse di un principio universale femminile che duemila anni fa era stato identificato soprattutto in Cibele, la Magna Mater, originaria dell’Asia Minore (introdotta a Roma nel 204 a.C., quando il Senato decise di accogliere con solenni cerimonie e trasferire la pietra nera che la simboleggiava in un tempio appositamente costruito sul Palatino), cioè un’altra delle infinite variabili di ciò che gli induisti definiscono Śakti. Scrive infatti Alain Daniélou in Śiva e Dioniso: «Cibele è l’equivalente di Parvatī, la Signora delle montagne, la controparte femminile di Śiva».