Ma come sarà questa faccenda del mio cognome da ebreo? In famiglia, risalendo indietro di generazione in generazione, non salta fuori nulla di “ebraico” anzi: preti, suore… Mah, eppure durante la mia vita c’è sempre stato qualcuno che ad un certo punto mi domandava: «Sei ebreo?». E che ne sapevo io? Comunque rispondevo di no. Anche perché ero un poco intimorito, non si sa mai, il nazista sta sempre in agguato… Del resto in famiglia, soprattutto nei discorsi che mio nonno, commerciante di giocattoli, faceva al telefono con i suoi amici e colleghi, sentivo ogni tanto giudizi chiaramente antisemiti, non cattiverie, diciamo ingiurie “alla romanesca”, quasi bonarie… E questa è una cosa che nemmeno Woody Allen avrebbe potuto immaginare. Nascere in una famiglia di ebrei antisemiti!
Pensandoci bene: chi può saperlo davvero se sono ebreo o no? Potrebbe essere capitato il caso di un ebreo mio antenato che, mettiamo duecento anni fa, decide di sposare una cristiana (una gentile) e chiude perciò qualsiasi relazione con la comunità ebraica: quando un ebreo compie un passo del genere, ne viene escluso automaticamente. Perché questo lo sapete, vero? Se un ebreo sposa una cristiana, con gli ebrei ha chiuso. Il figlio di quella coppia non saprà nulla dell’ebraismo del padre, e figuriamoci il figlio del figlio e così via. È chiaro che in due o tre generazioni quei Varese non avranno più nulla a che vedere con l’ebraismo. Si sposeranno in chiesa e non si metteranno certo a spendere soldi per ricerche genealogiche che, ancora adesso, se sono vere costano moltissimo. (Lasciamo stare perciò le false agenzie di ricerca genealogica che, per guadagnare un po’ di soldi, ti trovano la discendenza “nobile”. E che non ce l’ho pure io lo stemma dei Varese? È bellissimo. C’è una torre con dei leoni, una cosa del genere, ora non mi ricordo dov’è finito il diploma con l’elenco di antenati gloriosissimi: cavalieri, contesse… Come no!
Peccato però, io me lo sentivo “dentro” di essere un ebreo, soprattutto da bambino, non facevo gli scambi di figurine dei calciatori ma prestavo la più rara, ad esempio quella di Taccola, l’attaccante della Roma, chiedendo poi di restituirla dopo un paio di settimane con l’aggiunta di almeno dieci o quindici figurine. Mi ricordo che perciò i ragazzini mi chiamavo strozzino. «Ah sì, Varese è uno strozzino? Allora la figurina di Taccola te la puoi anche dimenticare!» dicevo io.
E poi c’è un altro indizio. Ho saputo che al ghetto, qui a Roma, al centro culturale, ti fanno la ricerca genealogica molto accurata e gratis. Loro sono contenti di trovare un ebreo, uno qualsiasi, e te la fanno senza farti pagare un solo euro. Dunque, sapete com’è, approfittarne mi farebbe piacere. Uno risparmia e si ritrova in tasca le stesse monete di quando è uscito di casa, e non è poco. Non so se mi spiego…
A parte gli scherzi (che gli ebrei, notoriamente intelligenti, sono in grado di apprezzare, abituati a ironizzare loro stessi su certi “pregiudizi”), non è escluso che non abbia davvero sangue ebreo nelle vene. A me francamente non me ne frega un cazzo, non credo alle razze e nemmeno alle religioni tradizionali… Che poi, se sapessi di essere ebreo anche in piccolissima parte, io diventerei immediatamente ebreo ortodosso, cioè uno di quelli col cappelletto e le treccine, che secondo me qualche problema ce l’hanno, però sono sicuri di conoscere la Verità, che secondo loro è quella che sta nei testi scritti tramandati nei secoli, e così vivono beati, felici, senza la dolorosa coscienza critica che fa dubitare di tutto…
Ma è inutile che parli a voi, cristiani, gentili… Rabbi Varese vi saluta e vi dà appuntamento alla prossima pagina di diario.