6 dicembre 2024

da | 6 Dic 2024 | Diario del re del bosco

 

«Corbèra aveva ragione: era davvero un’altra cosa. Il caldo era violento anche ad Agusta ma, non più riverberato dalle mura, produceva non più una prostrazione bestiale ma una sorta di sommessa euforia…

 

Lo studio aveva cessato di essere una fatica. Al dondolio della barca  nella quale restavo lunghe ore, ogni libro sembrava non più un ostacolo da superare ma anzi una chiave che mi aprisse il passaggio ad un mondo del quale avevo già sotto gli occhi uno degli aspetti più maliosi. Spesso mi capitava di scandire ad alta voce versi dei poeti e i nomi di quegli Dei dimenticati, ignorati dai più…

 

Declamavo, quando sentii un brusco abbassamento dell’orlo della barca… mi voltai e la vidi: il volto di una sedicenne emergeva dal mare… Quell’adolescente sorrideva, una leggiera piega scostava le labbra pallide e lasciava intravedere dentini aguzzi e bianchi…. Questo sorriso fu il primo dei sortilegi che agisse su di me rivelandomi paradisi di dimenticate serenità…

 

La nostra ombrosa ragione, per quanto predisposta, s’inalbera dinanzi al prodigio e quando ne avverte uno cerca di appoggiarsi al ricordo di fenomeni banali…

 

Parlava e così fui sommerso, dopo quello del sorriso e dell’odore, dal terso, maggiore sortilegio, quello della voce…

 

Il canto delle sirene, Corbèra, non esiste: la musica cui non si sfugge è quella della loro voce…

 

Parlava greco e stentavo molto a capirlo. “Sono Lighea, sono figlia di Calliope”…

 

Quella ragazzina lasciva, quella belvetta crudele era stata anche Madre saggissima che con la sola presenza aveva sradicato fedi, dissipato metafisiche; con le dita fragili, spesso insanguinate, mi aveva mostrato la via verso i veri eterni riposi, anche verso un ascetismo di vita derivato non dalla rinunzia ma dalla impossibilità di accettare altri piaceri inferiori»…

 

Una settimana più tardi venne aperto il testamento di lui: alla Bettina andavano i soldi in banca e il mobilio; la biblioteca veniva ereditata dall’Università di Catania; in un codicillo di recente data io ero stato quale legatario del cratere greco con le figure delle Sirene e della grande fotografia della “Core” dell’Acropoli.

 

I due oggetti furono inviati da me alla mia casa di Palermo. Poi venne la guerra  e mentre io me ne stavo in Marmarica con mezzo litro di acqua al giorno i “Liberators” distrussero la mia casa: quando ritornai la fotografia era stata tagliata a striscioline che erano servite come torce ai saccheggiatori notturni; il cratere era stato fatto a pezzi; nel frammento più grosso si vedevano i piedi di Ulisse legato all’albero della nave. Lo conservo ancora. I libri furono depositati nel sottosuolo dell’Università ma poiché mancano i fondi per le scaffalature essi vanno imputridendo lentamente.

 

(da La sirena, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa)