DIALOGHI IMPREVEDIBILI, nona parte
Tra il cadavere e la tomba.
«Certo, è un po’ umido qui…», dice il cadavere appena messo sottoterra.
«Bè, cosa t’aspettavi? Una camera da villaggio vacanza, o di un hotel a cinque stelle? Bisogna adattarsi nella vita!» risponde la tomba.
«Ma che mi prendi per il culo? Io sono morto, casomai mi dovrei adattare nella morte!».
«Scherzavo… su, non te la prendere».
«Sì, sì, e chi se la prende… Però c’è un silenzio di tomba (scusa la battutaccia) e poi, essendo una tomba di famiglia, non è che si facciano le feste, quaggiù. Tutti zitti, tutti a farsi mangiare dai vermi… Che allegria! Ma scusa, non è che ogni tanto si possa uscire a fare un giretto? Nei film degli zombi io li ho visti i morti che scoperchiano le tombe e si fanno una bella passeggiata».
«Quelli sono film, mio caro, è fantasia, pura immaginazione», ribatte cortesemente la tomba.
«Ah, perché questa sarebbe la realtà? Io non l’avevo mai visto un cadavere che parla con la sua tomba!».
«Hai ragione, questa non è una cosa vera. È l’invenzione un po’ macabra di Roberto Varese, questo scrittore che ha la capacità di passare dal sublime al volgare, dal poetico al grottesco, con grande vivacità e sapienza letteraria».
«Oh santo cielo, questa autocelebrazione se la poteva risparmiare» dice il cadavere. «Finiamola qui, che è meglio. Ciao simpatica tomba!».
«Ciao mio bel cadavere! E tanti auguri!».