Giornata impegnativa quella che mi aspetta oggi, dunque riporterò soltanto un piccolo episodio accaduto ieri pomeriggio. Prendendo il caffè con la mia Teresa, me ne sono uscito con una delle mie ormai tipiche riflessioni alquanto deprimenti sulla morte come destino universale, la crisi e l’inarrestabile decadenza del mondo contemporaneo, eccetera eccetera. Cose difficili da sopportare soprattutto per una persona appena tornata da una dura giornata di lavoro. Perciò lei ha replicato con una frase che suona più o meno così: «E mo’ basta con ‘sta morte! Io non ce la faccio più a pensare alle cose tristi! Che palle!». Tutta la frase, ma soprattutto quest’ultima vivace espressione, cioè «Che palle!», mi ha richiamato alla memoria una frase concettualmente molto simile dei Parerga e Paralipomena di Arthur Schopenhauer, un’opera considerata “minore” rispetto al celebre Il mondo come volontà e rappresentazione. Uscito in due volumi nel novembre del 1851, il libro contiene una serie di considerazioni su vari argomenti del tipo: Aforismi sulla saggezza della vita, Sulla filosofia e la scienza della natura, Della lingua e delle parole e altro. In un capitolo intitolato: Aggiunte alla dottrina dell’affermazione e negazione della volontà di vivere, si può leggere testualmente nella traduzione italiana pubblicata da Adelphi nel 1987 (in originale, a pagina 235 dell’edizione Ravensburger, Und nun genug mit diesem Tod! Ich kann nicht mehr an traurige Dinge denken! Was für eine Nervensäge!): Bè, in effetti me so’ rotto i cojoni de pensà sempre a ‘ste cose brutte, forse un massaggio cinese mi farebbe bene.
Poi Teresa ha aggiunto: «Se non la smetti, stasera la cena te la scordi, e me ne vado in pizzeria con le amiche!».
Questa frase nel libro di Schopenhauer non l’ho trovata.