30 ottobre 2024

da | 30 Ott 2024 | Diario del re del bosco

 

DIALOGHI IMPREVEDIBILI, terza parte

 

Tra la madre e il figlio morto.

«Cosa ho fatto per meritarmi questo?» dice la madre al figlio morto. «Sono sola ormai. Non posso più dire nulla a nessuno perché soltanto a te io volevo parlare. Ho cominciato a farlo quando stavi nella mia pancia, ricordi? Sentivo che ti muovevi e io ti sussurravo le parole dolci che ogni madre dice al proprio piccolo. Poi sei nato e ti tenevo al seno e ti nutrivo, e ti dicevo di non succhiare troppo, eri vorace, volevi crescere in fretta. E infatti sei cresciuto. Come niente eri in piedi e ti muovevi per casa e io ti stavo dietro, attenta che non ti facessi male. Mi ricordo il primo distacco, il giorno in cui andasti all’asilo. Che pianti, che strilli, non ci volevi andare e io ho dovuto sopportare e reprimere l’istinto di riportati a casa. Potrei mettermi ad elencare tutti i piccoli distacchi: il primo viaggio da solo, le serate con la fidanzata con relativi ritardi notturni che mi facevano preoccupare… Ma adesso, adesso come faccio ad aspettarti per l’eternità? Ho voglia soltanto di morire anche io e di raggiungerti, di stare insieme, in una tomba, nel buio e nella polvere con i minuscoli animali che si nutrono dei corpi. Ma almeno starei insieme a te, figlio. Non voglio lasciarti solo.

Ma tu vorresti che la facessi finita, che con un solo rapido gesto volassi oltre la finestra per raggiungerti? Saresti contento così?

Forse non vorresti che soffrissi, che mi deturpassi cadendo al suolo, e non vorresti che mi ritrovassero piena di sangue, che la tua mamma diventasse una specie di mostro orrendo.

Forse vuoi che restiamo vicini, io qui e tu nella polvere o in cielo, tra le stelle, in qualche luogo che sembra lontanissimo e forse invece è vicinissimo, separati soltanto da una rete invisibile che ci impedisce di vederci e di parlare ma non di sentire la vicinanza, il calore che ancora possiamo darci.

Io ti sto vicino e ti tengo la mano e mi sembra che tu dorma un sonno profondissimo, e che mentre dormi, sogni, e questo sogno ti porta lontano, Un giorno, dieci anni, quanto ci vorrà per rivederci? Che grande pazienza dovrò avere. Tu però per tutto questo tempo mi vedrai e mi seguirai e mi sussurrerai all’orecchio parole dolci, come quelle che ti dicevo quando ti tenevo tra le braccia appena nato. Sono sicura che lo farai, e io le ascolterò con tutto il cuore. Ne ho bisogno. Comincia adesso, ti prego, e non smettere mai di parlarmi, figlio».