26 ottobre 2024

da | 26 Ott 2024 | Diario del re del bosco

 

Dopo la catastrofe, tiro a campare. Leggo le notizie del giorno traendo insegnamenti da omicidi, incidenti automobilistici, guerre, discorsi dei politici. Commento amaramente, al bar, coi pensionati, il declino inarrestabile del mondo.

«Ma quando c’era Lui» dice il sor Giovanni, seduto davanti a un quartino di vino bianco, ricevendo segni d’assenso dagli altri ma non da me, «queste cose non succedevano!».

No, non succedevano. Ma non succede mai niente, in fondo. Le cose accadono e basta, scorrendo sulla superficie delle cose, senza cambiare nulla della sostanza del mondo, incomprensibile, inalterabile. Anche adesso, cosa volete che succeda?

Insomma, me ne sto tranquillo a sognare come sarebbe bello il mondo se si potesse… Ma non si può.

E così, facendo finta di niente, io vado incontro al mio destino dopo la catastrofe. E quale sarebbe il mio destino? Stare immobile sotto al sole, al bar dei pensionati. Sto fermo a farmi scaldare la faccia mentre fuggo da me stesso senza farmi vedere da nessuno, una fuga interiore dal me stesso di cui sono stufo ed arcistufo. Per arrivare dove? Dove si arriva dopo la catastrofe, è chiaro.

Perché è vero: dopo la catastrofe, la musica può essere molto dolce. Infatti, proprio in quel momento, delicatissime note di violino provenienti da una finestra aperta piovono su questo gruppo di persone sedute ai tavolini di un bar. Ma chi è che sta suonando? Non si sa. Un musicista, evidentemente, che si sta esercitando.

Sono il solo ad apprezzare queste melodie, che nascono e crescono proprio quando non ho più speranze né timori. È una musica molto bella, anche con interruzioni e ripetizioni, che trascrivo nella mente, aggiungendo il suono di una campanella che mi sembra si accompagni perfettamente al suono del violino: Dìn Don, Dìn Don… Per apprezzarla bisogna prima aver superato la catastrofe. Essere  dunque morti e rimorti, e poi rinati come esseri non più umani ma animali, vegetali, e minerali o forse semplicemente esseri inclassificabili, che sentono dopo aver tutto sentito, che piangono dopo aver pianto su ogni cosa e persona.

Che ve ne pare?

Dopo la catastrofe, si può ricominciare a nominare le cose: cielo, casa, donna, bambino… sì, usando parole nuove, inaudite, che sembrano le solite ma possiedono invece una purezza e una limpidezza inaspettate. Adesso, perciò, riprovo a parlare ma capisco che è solo un balbettare, dopo la catastrofe.