«Come delle Ninfe, così anche delle Muse si dice che afferrino i mortali, con la differenza che, mentre coloro che sono afferrati dalle Ninfe (νυμφóληπηπτοι) corrono il pericolo di perdere la ragione, la follia che viene dalle Muse (ἀπò Μουσῶν κατοκωχή τε καì μανία , Plat. Phaidr. 245 a) comporta l’elevazione e l’illuminazione dello spirito, nelle quali diviene possibile il miracolo del canto e della poesia. Colui che è afferrato dalle Muse (μουσóληπτος) è il vero poeta, contrapposto al banale versificatore (Plut. De virt. mor. 12)».
Walter Friedrich Otto, Le muse e l’origine divina della parola e del canto. Fazi Editore. Traduzione dal tedesco di Susanna Mati.
«Furono loro che una volta a Esiodo insegnarono l’arte del canto bello,
mentre pasceva gli armenti sotto il divino Elicone;
questo discorso, per primo, rivolsero le dee,
le Muse d’Olimpo, figlie di Zeus egìoco:
“O pastori, che avete i campi per casa, obbrobrio, solo ventre;
noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero,
ma sappiamo, quando vogliamo, cose vere cantare“.
Così dissero le figlie del grande Zeus, abili nel parlare,
e come scettro mi diedero un ramo d’alloro fiorito,
dopo averlo staccato, meraviglioso: e mi ispirarono il canto,
divino» (…).
αἵ νύ ποθ’ Ἡσίοδον καλὴν ἐδίδαξαν ἀοιδήν, ἄρνας ποιµαίνονθ’ Ἑλικῶνος ὕπο ζαθέοιο. τόνδε δέ µε πρώτιστα θεαὶ πρὸς µῦθον ἔειπον, 25 Μοῦσαι Ὀλυµπιάδες, κοῦραι Διὸς αἰγιόχοιο· “ποιµένες ἄγραυλοι, κάκ’ ἐλέγχεα, γαστέρες οἶον, ἴδµεν ψεύδεα πολλὰ λέγειν ἐτύµοισιν ὁµοῖα, ἴδµεν δ’ εὖτ’ ἐθέλωµεν ἀληθέα γηρύσασθαι.” ὣς ἔφασαν κοῦραι µεγάλου Διὸς ἀρτιέπειαι, 30 καί µοι σκῆπτρον ἔδον δάφνης ἐριθηλέος ὄζον δρέψασαι, θηητόν· ἐνέπνευσαν δέ µοι αὐδὴν θέσπιν, ἵνα κλείοιµι τά τ’ ἐσσόµενα πρό τ’ ἐόντα, καί µ’ ἐκέλονθ’ ὑµνεῖν µακάρων γένος αἰὲν ἐόντων, σφᾶς δ’ αὐτὰς πρῶτόν τε καὶ ὕστατον αἰὲν ἀείδειν.
Esiodo, Teogonia, Einaudi. Traduzione di Graziano Arrighetti.