Mi è arrivata questa email, non del tutto inattesa: «Dopo una lunga battaglia, durata non meno di dieci anni, è stato firmato il nuovo contratto dei portieri italiani che stabilisce per questa importante categoria di lavoratori una forte riduzione dell’orario di lavoro. Tutto il merito, è giusto sottolinearlo, va all’API (Associazione Portieri Italiani), federata alla CGIL. Un tuo commento, per cortesia».
Per rispondere a tale quesito non ci potrebbe essere una persona più adatta del sottoscritto. Non pochi sono a conoscenza del fatto che io sia tra i soci fondatori della benemerita associazione sindacale che tanto ha dato a questi lavoratori italiani, cioè l’API, che inizialmente si chiamava AAPI (Associazione Autonoma Portieri Italiani) e che dopo la scissione, avvenuta a Livorno nel 1953, si divise in due organizzazioni distinte così denominate: SPPI (Sindacato Patriottico Portieri Italiani) e FSPTI (Federazione Sindacale Portieri Troskisti Italiani) fino alla riunificazione del congresso a Reggio Calabria nel 1967. Insieme ad Aristide Giovannelli, Mariolino Bocciacasa e al non dimenticato Salvatore Padellaro, decisi nel lontano 1947 di cominciare quella lunga battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro che si è conclusa oggi con questa grande, grandissima vittoria. Possiamo dire a questo punto che lo scopo che ci eravamo prefissati (da otto ore di lavoro a sei e mezza) è stato pienamente raggiunto.
Ma voi, domando io, conoscete davvero la vita dei portieri, avete mai veramente considerato quali sono le problematiche legate alle mansioni da essi svolte?
Alzarsi molto presto di mattina ed aprire il portone del palazzo. Tutti i santi giorni, esclusa la domenica. Aprire e chiudere, aprire e chiudere, aprire e chiudere… ed aspettare che venga il postino e la pausa pranzo e il momento giusto per pulire le scale e sostare per ore o ore in una guardiola spesso fredda d’inverno o troppo calda d’estate fino a sera, quando finalmente si chiude il fatidico portone e la propria noiosa giornata trascorsa a dire le solite cose, seduti in quella opprimente guardiola, del tipo: «Buonasera signora, buonasera signore», oppure: «Scusi, lei da chi va?», ma anche: «La professoressa Bonsanti è in vacanza, lasci pure il pacco a me», e firmare le raccomandate, e innaffiare i fiori nel cortile, e riparare il citofono… Ma soprattutto: aprire e chiudere, aprire e chiudere, aprire e chiudere fino al giorno del Giudizio.
Diventa un’ossessione. Te lo sogni la notte mentre ronfi e ti giri e ti rigiri fra le lenzuola. Aprire e chiudere, aprire e chiudere, aprire e chiudere…
Ma non solo in questo consiste il nostro lavoro: è molto importante che la serratura del portone che dobbiamo aprire e chiudere sia perfettamente funzionante. Perché al condomino, a qualsiasi condomino, fa piacere uscire di casa ad ogni ora del giorno e della notte con la sicurezza di poter rientrare (anche se di certezza assoluta non si può e non si potrà mai parlare, come vedremo). Se infatti dopo cena a uno gli va di uscire, può dire tranquillamente: «Ciao, io esco di casa, vi saluto» essendo certo di poter trovare il portone aperto quando esce e poi di ritrovarlo chiuso con la serratura perfettamente funzionante anche alle tre o quattro di notte mentre magari piove e fa freddo… ma soltanto se in quel condominio è stato assunto un portiere, un vero portiere. A tutti infatti piace uscire dal proprio accogliente appartamento e ritrovarsi davanti al portone di casa per inserire con ingenua e sacrosanta sicurezza la chiave nella serratura in maniera da assaporare finalmente le gioie e i piaceri e le comodità del focolare domestico e starsene buoni buoni al calduccio sotto le coltri di lana vergine o comunque abbastanza vergine senza rischiare di restare lì intrappolati come fessi magari sotto la pioggia e il vento in piena notte a provare e riprovare bestemmiando a far girare la chiave rimasta incastrata nella serratura mal funzionante o addirittura completamente guasta. Eh sì, a tutti piace vivere serenamente e beatamente, ma questa serenità e beatitudine può permettersela soltanto chi è così ragionevole e previdente da vivere in un condominio con le carte in regola avendo assunto un portiere stipendiato per sei ore e mezza di lavoro anziché le otto ore di una volta. Altrimenti sapreste dirmi voi come la prenderebbe il condomino sprovveduto e imprevidente trovando il portone di casa con la serratura del portone scassata e con la stramaledetta chiave che non gira e non si rigira né di qua né di là rimanendo perciò l’intera notte al freddo e sotto la pioggia e al vento e forse addirittura la grandine?
Oh davvero non saprei immaginare cosa potrebbe passare per la testa di un condomino sprovveduto e imprevidente rimasto come un baccalà davanti al portone di casa sua con la chiave infilata nella serratura che nessuno, evidentemente, ha potuto oliare o ingrassare adeguatamente per renderla perfettamente funzionante sia di giorno che di notte facendo in effetti cosa semplicissima eppure terribilmente utile, specialmente in certi frangenti: soltanto un portiere potrebbe evitare una situazione incresciosa del genere, e non sto parlando del più grande portiere del mondo, oh no, ma di un qualsiasi portiere minimamente preparato e corretto.
Invece sì che lo so cosa penserebbe lo sfortunatissimo condominio, lo so benissimo. Penserebbe questo, riparandosi per quanto possibile sotto la piaggia e il vento: «In tali memorabili momenti mi rendo finalmente conto di quanto sia importante avere un degno portiere nel palazzo dove si abita: perché un portiere, un bravo portiere, un bravissimo portiere sarebbe capace di prevedere certi spiacevolissimi inconvenienti avendo il compito sì di aprire e chiudere il portone ma anche di tenere ben oliate e funzionanti la serratura affinché i condomini possano uscire di casa e poi ritornare tranquillamente per godere del meritato riposo». Questo direbbe fra sé e sé il condomino imprevidente se trovasse non soltanto chiuso il portone a notte fonda, che è cosa del tutto normale, ma anche una serratura indubitabilmente e irrimediabilmente guasta, e tutto ciò stando in balia degli elementi. E poi aggiungerebbe: «Certamente non mi arrabbierò, non mi incavolerò come una bestia, non alzerò i pugni al Cielo per il fatto di stare qui come un autentico imbecille davanti al portone di casa, oh no, non mi lamenterò più di tanto per la spiacevole contingenza poiché proprio questo accade a chi è stato così sciocco e imprevidente da vivere in uno stabile senza un vero portiere stipendiato adeguatamente per aprire e chiudere l’uscio di casa e tenere altresì perfettamente oliate e funzionanti le serrature del portone».
Trascorrerebbe il tempo di una lunghissima notte. Io lo vedo come fosse qui davanti ai miei occhi il nostro povero condomino irresponsabile e incredibilmente incauto, distrutto da una notte di pioggia e di freddo passata sul marciapiede davanti al portone chiuso sprangato, chiusissimo di casa sua.
Poi, le prime luci dell’alba. Un uccello canta. La città si sveglia. Tutto è molto poetico. Le prime persone si recano al lavoro…
Nessuno penserebbe a quel povero disgraziato fradicio di pioggia in piedi davanti ad un portone. Cosa potrebbe pensare un poveruomo spaurito e fradicio e infreddolito dopo una nottataccia del genere?
«Dopo una notte così» ecco cosa direbbe a se stesso il condomino, «io senz’altro devo rimproverarmi per non aver pensato a convocare tempestivamente le noiosissime riunioni di condominio con lo scopo di assumere un autentico e professionale portiere che avrebbe aperto e chiuso questo portone del cavolo ed oliato meravigliosamente la serratura dello stesso onde evitare di ritrovarsi con la chiave incastrata nella serratura eccetera eccetera. Sì certo, è verissimo, certe orribili cose non succederebbero se ci fosse qui un portiere, un bravo portiere, anzi il migliore portiere di questo mondo e dell’universo intero comprese le galassie più lontane come ad esempio Proxima Centauri. Oh già, senza alcun dubbio, nulla di terribile accadrebbe se ci fosse qui un portiere ligio al dovere – cioè capace indefessamente di aprire e chiudere, aprire e chiudere, aprire e chiudere… poiché questo fanno i portieri oltre che tenere ben oliate e funzionanti le serrature dei portoni – e tutto ciò all’interno del suo orario di lavoro ormai ridotto, molto ridotto direi, incredibilmente ridotto, come tutti sanno per l’importante iniziativa che ha visto l’API (Associazione Portieri Italiani) battagliare e primeggiare e finalmente giungere al risultato che tutti i portieri italiani auspicavano e cioè la riduzione dell’orario di lavoro da otto ore a sei ore e mezzo. Un portiere con una professionalità e una serietà quasi leggendarie, ecco cosa ci vorrebbe. «Nessuno come lui apre e chiude il portone» direbbero tutti, «e non parliamo poi di come olia e ingrassa le serrature».
E dopo aver ripreso fiato, così continuerebbe il nostro caro condomino infreddolito ed esausto dopo una lunga notte trascorsa davanti al proprio invalicabile uscio di casa: «Eppure… eppure bisogna ammettere che nemmeno il portiere più bravo del mondo potrebbe evitare l’imponderabile: anche se le serrature fossero le più oliate e perfettamente funzionanti del mondo, nulla potrebbe salvare noi condomini dalla remota ma reale eventualità di una serratura guasta improvvisamente per usura o addirittura per un difetto di fabbricazione anche se appena montata. Si potrebbe cioè verificarsi il mostruoso caso di una chiave che rimane incastrata costringendo un qualsiasi condominio a restare sotto la pioggia e il vento e al freddo, e tutto ciò per colpa di nessuno, né del condomino prudentissimo ma sfortunato né del bravissimo ma non onnipotente portiere. Perciò a quel punto egli resterebbe fuori di casa tutta la notte, inizialmente incazzato da morire e quasi piangente per la rabbia ma poi, alle prime luci dell’alba, finalmente consapevole che in fondo tutto va come deve andare – la pioggia, il freddo, la chiave incastrata, il portiere dormiente e sognante al calduccio sotto la coltre di coperte di lana vergine o comunque abbastanza vergine ed ignaro del dramma che si sta svolgendo in quel preciso fuori dal portone – ed anzi riderebbe di gusto tra sé e sé considerando la beffa di tanta inutile accortezza, davvero persuaso che è inutile affannarsi tanto nella vita. Tutto procede fatalmente, penserebbe l’incolpevole ma infreddolito condomino, ed ogni cosa o persona partecipa pacatamente o affannosamente alla vita misteriosa del Cosmo che, pur caotico e apparentemente assurdo e privo di senso, pare talvolta profondamente ordinato e pieno di significato, in quei pochi istanti di illuminazione, di rivelazione che i buddisti giapponesi chiamano satori».
Diceva Aristide Giovannelli: «Otto ore, sei ore… Non importa, in fondo, quanto si lavori. Noi portieri sentiamo di dover fare il nostro dovere. Poi, sì certo, c’è il Caso, o forse il Fato, che ha pieno potere su tutti, sia sui condomini previdenti sia su quelli imprevidenti. L’importante è aprire e chiudere con convinzione, sapendo che è questa la cosa più importante che noi portieri possiamo fare (a parte ungere le serrature per renderle perfettamente funzionanti anche se non perfettamente funzionanti in assoluto, come tutti prima o poi capiscono). Bisogna svolgere le nostre funzioni con piacere, non soltanto per senso del dovere: eh sì, perché noi portieri abbiamo sempre provato anche un certo strano piacere ad aprire e chiudere, e certamente continueremo a farlo, finché avremo forze. Sì, sì, sì, aprire e chiudere, aprire e chiudere, aprire e chiudere…». Questo diceva il caro, indimenticabile Aristide Giovannelli a Caserta, durante il quarto congresso nazionale dell’API.
Non dimenticheremo queste parole.