O amore, mio amore, dolcissimo e indecente, io voglio penetrare in te come fossi uno speleologo, pazzo e metafisico, per scendere nella più profondissima delle caverne e così sfiorare la radice di tutte le cose. So che, raggiungendo le tue profondità, io posso mirare a profondità abissali.
Un fiume scorre in questa caverna. Una piovra gigante (Enteroctopus dofleini) affiora sulla superficie dell’acqua e ti chiama per nome mentre pesci multicolori sgusciano tra le onde giocando a nascondino. Sulla riva si trovano conchiglie che, se le avvicini all’orecchio, emettono L’aria sulla quarta corda di Johann Sebastian Bach.
Mi siedo sulla riva sabbiosa. Mi bagno i piedi. L’acqua è calda, quasi bollente. (Ricordi quella sera alle terme di Saturnia? Ecco, anche da quella sera proviene questa fantasia). Poi scaccio con un piede un mostriciattolo tentacolare, cioè una piovra “normale” (Octopus vulgaris), che mi ha fatto il solletico alle dita. Ha una testa piccola e una faccia arguta e sorridente, come nei cartoni animati. Anche questo strano animale viene da te, amore. Non avendo altre strade per arrivare ai tuoi fondali, e ai fondali dei tuoi fondali, e pure ai fondali dei fondali dei tuoi fondali, io mi getto a capofitto in questo antro candido, e però sudicio, meraviglioso.
Infatti il sogno arriva dove, a mente fredda, non arriverei mai. Nulla di così stravagante, in fondo: acque bollenti in caverne profondissime, mostri, mostriciattoli, conchiglie che emettono L’aria sulla quarta corda di Johann Sebastian Bach… e il sottoscritto che se ne sta beato sulla riva di questo fiume e si addormenta per un breve riposino. Chissà quali sogni farò addormentandomi nel mio stesso sogno…
Uno stormo di uccelli mi sfiora per infastidirmi, io mi sveglio e riconosco immediatamente l’Alce Reale (Alce impennis), un volatile ormai estinto e che si è formato nella mia mente da ragazzino, durante i lunghissimi pomeriggi invernali, quando si muore di noia e si resta davanti alla televisione ad aspettare la fine dell’adolescenza. Giocavo con lui, e ora lo ritrovo qui, dentro di te.
Ma ci sono molte altre creature che affiorano nella mia mente mentre me ne sto qui in santa pace. Le linci (Lync pardinus), tanto per fare un esempio: vivono nell’oscurità e si muovono al rallentatore. Provengono da certi giochi che si fanno nell’infanzia… sapete, quando si gioca al dottore. (Tu devi averci giocato un po’ troppo. Non fai altro che sedurre gli uomini, per la semplice ragione che ti piace tanto fare la puttana, amore). Infatti dai traumi propriamente sessuali derivano i seguenti animali che possiamo spesso incontrare quando c’inoltriamo in caverne femminili di questo tipo: l’orso delle caverne, per l’appunto (Ursus spelaeus) e l’orso bruno (Ursus Arctos) ma anche il divertentissimo orso polare (Ursus Maritimus) che sfoglia riviste di moda e canticchia le canzoni dei gruppi del rock psichedelico americano degli anni Sessanta come ad esempio i The Palace Guard di Los Angeles e i Grateful Dead di San Francisco. E guai a disturbarlo.
Proseguiamo in questa interessantissima rassegna di creature realmente immaginarie eppure in un certo modo realmente esistenti poiché figlie di una pericolosa ossessione, di un dolore o di un piacere acuto, insopportabile. Dopo gli uccelli, le linci e gli orsi, ecco le iene: la iene delle caverne africane (Haene spelaea), che ride come una matta se le proponi equazioni matematiche, e la più inquieta iena striata (Haena striata), che prende a calci gli psichiatri e i sessuologi perché negano le verità e i piaceri che appartengono ai pochi.
Inoltre, i roditori. (Che rodono ai fianchi soltanto chi se lo merita, e questa è la penitenza per la tua lussuria di grande baldracca che non sei altro, amore mio). Ma ci sono anche i roditori del Neolitico e dell’Età del bronzo, quelli dell’antichissima epoca di Hallstatt e, anche se sembra impossibile, addirittura quelli dell’epoca di La Tène: la marmotta (Arctonis marmotta), il bobac (Arctonis bobac), il citello (Spermophilius citellus), il criceto (Cricetus frumentaris) che una volta era diffuso dal Reno all’Obi durante la stagione invernale e dal Caucaso a 60° di latitudine Nord e che ora ci sorprende ancora spuntando talvolta dalla tasca del giaccone di pelle, e perfino i castori (il Tragontherium e il Tragontherium Cervieri) che assaggiano i tuoi umori esprimendo giudizi che io non condivido affatto. Poi ci sono pure bovini, ovibovini, lepri, conigli, cani, volpi, scimmie, molluschi, cinghiali, renne… dei quali potrei fornire nome origini abitudini, ma ora mi sono annoiato. Abitano in te, sopra di te, sotto di te… Se intraprendo un viaggio nei tuoi labirinti, devo per forza tenere conto della fauna che tu fai vivere e prosperare in messo alla tua… (CENSURA). Certo, tutto questo sembra semplicemente una ridicola visione che però io ho visto percorrendo la strada della verità, che non è mai nuda e cruda e lineare ma anzi parecchio cotta, anzi stracotta e tortuosa, anzi aggrovigliata.
Tu stessa vieni da epoche di cui si sono perse le tracce. I tuoi antenati facevano sacrifici umani. E tu sei un’assassina. È naturale per te far piangere e morire maschi e femmine. Nulla e nessuno ti resiste. Tu sei da mettere in prigione.
Ti parlo francamente: vorrei ucciderti con le mie mani, amore. Ma non voglio più farmi trascinare da questi impulsi distruttivi. Ogni tanto verrò a cercarti per chiacchierare e prendere un tè. Qual è il tuo indirizzo? Ah sì, viale Castrense 56, palazzina B, interno 5. D’accordo, presto verrò a farti visita. Nel frattempo mi metto ad accarezzare il mostriciattolo che si è tanto divertito a stuzzicarmi i piedi: infatti eccomi qui, ancora sdraiato in riva al fiume che ti scorre dentro. Sai, non è facile uscire da questo sogno…