Ma chi è veramente uno scrittore? (Parliamo di quelli veri, che sono pochi, rarissimi. Mi dispiace ma è così). Ecco, lui s’interessa a cose che di solito nessuno immagina, a curiosità imbarazzanti, corre incontro a stranezze che non avremo mai il coraggio di affrontare. Ma lui ha il tempo, la voglia di fare tutto ciò, poiché è una specie di mestiere il suo, questo di vivere così, e non potrebbe farne a meno.
Gira per la città. Perfettamente in incognito. Non ha divise, travestimenti, nessuno gli riconosce un ruolo qualsiasi. Cammina, come il più solitario degli uomini, con le mani in tasca, come il più grande fannullone sulla faccia di questa Terra, eppure è uno che si prende la briga di andare a cercare il pelo nell’uovo, per così dire, in tutto ciò che vede. In fondo, davvero, svolge una mansione importante anche se sconosciuta e i risultati del suo impegno verranno resi noti molto più tardi, talvolta dopo anni e decenni e forse anche mai. Almeno su questo pianeta.
Faccio un esempio: sta camminando per la via più trafficata della sua città contornato dal solito trambusto di automobili, folla, puzza di gas di scarico, ma ad un tratto alzando gli occhi al cielo si accorge di una nuvola immensa che incombe su tutto e su tutti, un cumulo gigantesco, minaccioso e meraviglioso. Un fungo atomico sembra. Ma la vita scorre placidamente, nessuno s’accorge della minaccia, forse perché minaccia non è affatto. Non importa. Avrebbe potuto esserlo. E comunque questo spavento o stupore suo sarà testimonianza del fatto che quel giorno, come una specie di sentinella, un uomo stava attento al cielo, alle nuvole che assomigliano ad esplosioni atomiche. Un tale uomo è esistito, si dirà, facendo un lavoro appartato ma assolutamente necessario. Dopo chissà quanto tempo e magari secoli verrà resa nota una paginetta del suddetto che spiegherà l’evento; o invece no, non sarà reso noto proprio nulla perché quella paginetta andrà perduta e forse non sarà stata nemmeno scritta dal nostro beneamato ficcanaso perché può darsi non abbia avuto voglia di scrivere una sola parola. Sapete, lui è così. Non si tratta di pigrizia. Mentre gli altri producono, si agitano freneticamente, più che altro egli aspetta, continuando a passeggiare con una certa lentezza, un passo dopo l’altro. L’importante, pensa, è esistere, passeggiare, osservare, senza apparire o aver voglia di riconoscimenti. Forse i suoi resoconti saranno pubblicati su altri pianeti, in lontanissime galassie come ad esempio il pianeta chiamato Brahmaloka, che si trova un po’ sopra lo Svargaloka, dimora degli Dei. Insomma una specie di paradiso, anche dell’editoria, suppongo. Là vengono pubblicati i migliori libri scritti in ogni angolo dell’universo, in edizioni sfolgoranti, multicolori, che destano meraviglia soltanto a guardarli, figuriamoci poi a leggerli. Ogni parola è registrata, anche quel verso scritto da un ragazzo adolescente che mai più si è dedicato alla letteratura. Un solo verso. Ma quel verso resterà, per sempre. Almeno finché non diventa pura luce. Ma tutti diventeremo pure luce, dico noi carne ed ossa con tutte le parole e i silenzi e tutto ciò che abbiamo detto o non detto. Soprattutto i silenzi saranno apprezzati e conservati: le persone che non hanno mai scritto assolutamente nulla, riceveranno l’equivalente di cento premi Nobel per la letteratura, ma senza un soldo. Nel Brahmaloka i soldi non sono necessari, questo affermano con totali sicurezza i testi sacri, cioè i Purana innanzitutto.
Altro esempio. Una coppia di giovani si bacia sulla panchina di un parco pubblico. Il nostro ficcanaso, il nostro inviato speciale sul fronte della vita quotidiana, è rimasto lì in piedi ad osservarli fino a quando il ragazzo non si è accorto della sua presenza e non lo ha cacciato in malo modo. Ma lui non stava facendo nulla di male. Candidamente stava meditando ed osservando ponendosi la seguente domanda: è lui che ora sta succhiando la lingua a lei, o è lei che lo sta facendo, oppure si alternano?
Più tardi, quello stesso giorno, tanto per fare un ulteriore esempio, vede ad un incrocio due automobili che si sono appena scontrate. C’è anche un’ ambulanza e uno che si tiene un pezzo di garza sulla testa per arginare un’emorragia. Una donna urla raggiungendo tonalità altissime. Questo urlo è modulato, come un fosse una specie di canto di uccello. Gli infermieri stanno caricando una persona sulla barella per portarsela via, all’ospedale, mentre un gruppo dei Testimoni di Geova cantano un inno religioso, e tutto ciò gli sembra allo stesso tempo drammatico e ridicolo, e poi in quel momento un bambino s’affaccia alla finestra e grida: «Signori, Ehi Signori! È possibile portare qui quell’uomo? Io vivo da solo in questo lugubre appartamento. Non ho fratelli, e i miei genitori mi risultano estranei. Ho bisogno di un amico. Lo accudirò, lo curerò con infinita attenzione, ve lo prometto. Per favore, portatelo su!».
Finiti gli esempi.