Carla invecchia ma tanta fame ha ancora
Di bei ragazzi, di fresca gioventù, d’estati al mare,
Quando bastava un cenno per scatenare Amore.
Però i ragazzi romani, mai pigri in fatto di donne,
Lungo via del Corso non le dicono sconcezze all’orecchio,
Non la fissano negli occhi a piazza Navona,
Non le dicono più, quando passa in Campo de’ Fiori
Sotto Giordano Bruno che alto e fermo se ne sta:
Ma quanto sei bona!…
Non mi dicono niente i ragazzacci, dice a se stessa.
Eppure non sono un rudere: i miei fianchi
Sono un po’ ingrossati, ma il mio sedere
È sempre un’attrazione!
Il seno non cade mollemente e le mie cosce,
Le celebri e pericolose cosce,
Possono fare ancora vittime illustri!
Non parliamo poi della pelle,
Vellutata e odorosa,
Sembra quella di una ventenne!…
Carla tiene molto al suo fantasma giovanile;
Lo sovrappone a se stessa, per nascondersi e mutarsi.
O verità sanguinante della gioventù e dell’invecchiamento!
Nessuno ad essa può sfuggire, ma Carla
Scalpita come un cavallo, tira le redini,
Vuole scrollarsi di dosso gli anni.
Noi li vediamo i fianchi più rotondi,
Le rughe intorno agli occhi, eccetera eccetera.
Però ammiriamo la sua lotta, impari e solitaria.
Non arretra di un solo passo, davanti allo specchio:
Solo quel ciuffo da tingere, roba da poco.
Quella giovane donna che vede riflessa
Non invecchierà, non scenderà a patti con il Tempo,
Mai, eh no, mica è scema!
Una riga di rimmel può bastare,
E poi giù per le scale, veloce come il vento!
Il portiere, che sta lavando il pavimento,
La guarda saltellare come una bambina,
E quasi scoppia a ridere: per educazione si trattiene.
Quando Carla ha voltato l’angolo ed è scomparsa,
La risata dell’uomo finalmente prorompe.
Ma la ragazza uscita dallo specchio, la ragazza eterna,
È già lontana, e molto felice.