20 ottobre 2024

da | 20 Ott 2024 | Diario del re del bosco

 

Ancora preso dalla dolcezza del risveglio mattutino sul limitare del sonno, ascoltai il cane dei vicini abbaiare non alla luna ma al sole, che già era alto, altissimo nel cielo. Però restai a letto pensando: devo alzarmi, devo reagire alla mia terribile pigrizia.

Dunque era giunto il tempo delle decisioni irrevocabili, pensai, come diceva tanti anni fa un filibustiere, un uomo che era diventato importante, un nevrotico, un uomo incapace di starsene a casa tranquillo a leggere un libro o a poltrire dentro il letto, insomma un essere umano incapace di riflettere, di ragionare. Ce ne sono stati tanti nella Storia. Anche adesso il mondo ne è pieno. Mica tutti dittatori. Diciamo persone che sembrano avere una certa propensione alla rottura delle scatole altrui. Basta essere un capoufficio. Che rompe, rompe, rompe… fino a quando i suoi impiegati dicono in coro (non in sua presenza), durante la pausa pranzo: «Ma perché, stramaledetto uomo, non te ne stai a casa?». Invece potrebbero dirgli le seguenti illuminanti parole: «Caro capoufficio, scopri lo yoga della non-azione, della stasi che non è una stasi, della fuga che è un rimanere. Impara la meditazione del fiore di loto, che agisce non agendo, che fa vivere non vivendo, che permette di morire non morendo». Questo potrebbero dire quegli impiegati al loro capoufficio. Sarebbe cosa gentile e innanzitutto utile. Molti di noi dovrebbero imparare questo tipo di meditazione. Se la praticassero, il mondo cambierebbe. Commercialisti stressati tornerebbero dalle loro mogli bisognose di giochi nuovi e proibiti. Ingegneri una volta ingegnosi ritroverebbero l’ingegnosità perduta sognando ad occhi aperti e scoprendo come può essere ben costruito e funzionante un sogno che procura piacere e risana la mente. Transessuali brasiliani sempre a caccia di soldi, la smetterebbero di speculare sull’ambiguità sessuale dei maschi repressi e tornerebbero in patria, che so, magari a Bahia, togliendosi finalmente quel trucco pesante e ridicolo dalla faccia e ritrovando così semplicità, pulizia, onestà. Nonne senza scrupoli la pianterebbero di provocare micidiali sensi di colpa nei nipotini chiamandoli al telefono per dire: «Non mi vieni mai a trovare!». Presidenti degli Stati Uniti la smetterebbero di favorire guerre in giro per il mondo per difendere la supremazia americana suo mondo occidentale e per una volta nella vita spegnerebbero il telefonino per rilassarsi leggendo la Baghavad Gita in mezzo al giardino della Casa Bianca osservando gli uccellini che sui rami si disinteressano del potere, della fama, dei sondaggi di opinione, presi invece interamente da un alito di vento, dalla nuvola che in quel preciso momento sta passando sul cielo turchese di Washington… Tutte queste persone, e molte altre ancore, cambierebbero non poco la loro vita se conoscessero la meditazione della non-azione, che non è altro che un’azione “interiore” e disinteressata.

Però io, dopo aver pensato a tutto ciò, decisi che dovevo almeno alzarmi dal letto. Decisione non facile. Ma coraggiosamente la presi. E passai all’azione pura e semplice, ormai inevitabile. Scostai le coperte. Mi alzai sul busto e poggiai sul pavimento la gamba sinistra, e poi quella destra: ero seduto sul letto. Guardai fuori dalla finestra. C’era un pallido sole. Già, in fondo è autunno, dissi a me stesso. La stagione dei raffreddori, dei dolori articolari, della sonnolenza dopo pranzo. Sarebbe meglio rimettersi a dormire. Ma dovevo alzarmi in piedi e arrivare in cucina, ad ogni costo: là mi sarei seduto di nuovo e avrei fatto colazione.

Raccogliendo tutte le mie forze, mi ritrovai in piedi. Feci un passo in avanti, verso il corridoio. Ero inebriato, drogato dal fervore dell’agire, del fare, del combinare qualcosa. «Inizia una nuova vita per me» pensai. «Andare in cucina, e poi cominciare a viaggiare! Visitare nuovi oceani e continenti, non fermarsi mai più! Oltrepassare l’orizzonte, varcare la linea del già conosciuto, del già vissuto. Raggiungere tutto ciò che vive ed esiste altrove! Comprare un biglietto di sola andata, preparare i bagagli, salutare i parenti trattenendo le lacrime, fare in modo che il nostro desiderio di fuga e di abbandono delle responsabilità coincida perfettamente con ciò che ci aspettiamo dalla nostra faccia guardandoci nello specchio. Sì, conoscere noi stessi per mezzo di un’avventura, balzare in avanti senza badare alle conseguenze. Ora è il momento, sono pronto! Ecco, nulla e nessuno mi può fermare! Dimenticatevi di me. Addio, addio a tutto e a tutti!».

Così andai in cucina a fare colazione. Poi tornai subito a letto.