«Il carattere fondamentale della spiritualità indiana è dato dal senso di realtà attribuito a tutta l’esperienza interiore (pensante, immaginativa e ispirativa), rispetto alla quale l’esperienza sensibile riferita ai dati percepibili esteriori è riconosciuta come una forma particolare assunta da una cosmica illusione magica (māyā) nell’individuo limitato: questa, con la sua apparente molteplicità e incoerenza, cela la fondamentale unità non solo di tutte le cose fra loro, ma soprattutto fra l’uomo e il mondo che lo circonda».
Pio Filippani Ronconi, dall’introduzione a Upaniṣad antiche e medie, Bollati Boringhieri, prima edizione 1960.
Chi saprà apprezzare questo repentino cambiamento, nel mio Diario, dalla serietà al divertimento, dalla ricerca interiore alla farsa grottesca e un po’ volgare? Soltanto le persone intelligenti. I miei lettori, che praticamente conosco uno per uno (pochi ma buoni), lo sono tutti. Intelligenti e sensibili e amabili e simpatici. È una specie di famiglia. La mia nuova famiglia. C’è anche un cane, che si chiama Mos ma ha un soprannome con cui molti lo chiamano, e cioè Puzzone. Però lui non sa leggere. Diciamo che è l’accompagnatore e la guardia del corpo di un paio di queste persone, che gli leggono ogni tanto ciò che scrivo. Lui ha reazione diverse. Certe volte ascolta e sembra quasi che capisca almeno il “tono” di quelle parole, socchiudendo gli occhi. Altre volte storce la bocca, sembra quasi che voglia esprimere disappunto e forse addirittura disgusto. Poi c’è stata pure quella volta in cui ha chinato il capo e si è addormentato.