Una volta, abitavo a casa da solo, al Nuovo Salario, mia madre era già morta, il giorno di Natale una ragazza si lanciò dalla finestra, dal quarto piano. Io stavo leggendo e avevo rifiutato di andare ai cenoni familiari, innanzitutto per il recente gravissimo lutto che avevo subìto, ma anche perché il Natale sempre mi dà un’ angoscia terribile. Era sera. Si sentiva soltanto la gente parlare ad alta voce, certe volte gridare, insieme al rumore delle forchette sui piatti. Era un incubo per me che stavo solo, come senz’altro lo era, e lo è, per tutte quelle anime sensibili che per varie ragioni si sentono estranee alla propria famiglia, alle feste comandate, alla frenesia consumistica, agli auguri ipocriti scambiati tra perfetti sconosciuti, ai festoni. Queste persone di cui parlo non sono persone asociali, tanto meno cattive, anzi: soltanto sono ipersensibili, solitarie, non amano il frastuono, la convivialità spesso falsa, e soprattutto non amano la famiglia. L’amerebbero, ma evidentemente sono rimasti feriti profondamente da qualcos. Dunque non bisogna giudicare: chi ama il Natale fa bene a compiere tutti quei riti, però non deve giudicare gli altri, gli esclusi, i solitari, gli emarginati, che invece lo detestano con tutto il loro cuore. Faceva parte di questo gruppo ristretto di odiatori del Natale la ragazza che prese il volo dal palazzo dove abitavo. Si sentì un urlo e poi un tonfo, e poi delle grida acutissime, disperate, bestemmie, richieste di aiuto.
Ho saputo che la ragazza si salvò miracolosamente. Rimase in coma con fratture in tutto il corpo, ma si riprese e a poco a poco ricominciò a camminare, anche se zoppicando. Tornò in famiglia. Lei voleva sfuggire al Natale, al Nuovo salario, disse a un amico che abitava al primo piano dello stesso palazzo, soprattutto alla famiglia in cui si sentiva a disagio.
Non c’è riuscita a scappare. Un mio amico, che abita ancora in quel palazzo, mi ha detto che pochi giorni fa l’ha vista e lei gli ha detto che ora si è riappacificata con la famiglia, con il cenone eccetera eccetera.
Ed è giusto così, amici solitari, diversi, emarginati. Se è possibile, si potrà rimanere da soli, ma anche accettare un invito famigliare, ritrovare i parenti, che male ci sarà? Un po’ di chiasso una volta ogni tanto si può sopportare, giusto? Fa anche bene stare in compagnia. E poi si mangiano cose buone (sperando che non ti servano sul piatto l’abbacchio, cioè il giovane agnello, perché sennò saltano tutti i buoni propositi e uno può fare pure una scenata o una carneficina). Ma sì, bisogna perdonare agli esseri umani “normali” di essere talvolta fin troppo normali, sperando che loro perdonino a noi di essere senza volerlo come siamo, cioè di altra specie umana, poiché così, forse, resteremo per sempre.
Poi c’è il Capodanno. Il rumore, il chiasso insopportabile, i petardi che spaventano i cani, i gatti e gli uccellini. È vero, a Capodanno la cosa strana è non buttarsi dalla finestra. Io proverò a rimanere calmo, magari per evitare tentazioni mi terrò lontano dalle finestre e mi metterò a letto, magari legato con le corde.
Certo, certo… a Capodanno non bisogna buttarsi dalla finestra!