17 gennaio 2025

da | 17 Gen 2025 | Diario del re del bosco

 

L’atmosfera si era parecchio surriscaldata e divenne incredibilmente bollente all’arrivo trionfale, lì a piazza Vittorio, di una specie di santone barbuto con al seguito alcune collaboratrici giovanissime e dionisiache che cominciò con fare ispirato ad iniziare i presenti; a chiunque ne avesse il desiderio, infatti, era consentito salire sul palco per inchinarsi di fronte all’immagine della fanciulla dalle molte braccia, cioè Durga, recitare un breve mantra e farsi poi imbrattare la fronte e le guance di blu e di rosso chiedendo protezione e intercessione divina. Il santone, quando mi avvicinai per chiedere delucidazioni in una breve pausa della cerimonia (pūjā), molto pazientemente in un italiano quasi perfetto mi spiegò che quella dea è la personificazione di un principio universale, denominato Shakti, o Grande Madre, in sostanza la faccia femminile di Dio. Nell’Induismo le divinità si assomigliano e si trasformano una nell’altra a seconda della fantasia dei seguaci, diceva, quindi Durgā può talvolta assomigliare alla dea chiamata Kālī, punitiva ed implacabile divinità; eppure, se si entra in alcuni templi in India, anzi nella maggior parte di essi (continuava a spiegarmi l’uomo barbuto e vestito interamente di bianco assumendo quel tipico atteggiamento un pochino presuntuoso e paternalista di chi ha raggiunto la Verità) si trova raffigurata un’inaspettata Durgā benedicente e protettrice, materna quanto può esserlo la Vergine Maria e che non a caso viene chiamata madre dai fedeli che affollano quei luoghi meravigliosi. «Ed effettivamente nei fedeli stessi la religione viene vissuta interiormente» non mancai di aggiungere io con aria saputella da contrapporre all’aria supersaputella del mio interlocutore che con un cenno del capo si dimostrò d’accordo, «liberamente e direi creativamente, come fatto personale e non come semplicistica adesione a dogmi inverosimili ed aride formalità rituali stabilite una volta per tutte da una gerarchia ecclesiastica».

Detto questo andai sul palco a farmi iniziare alla dea Durgā, restai un poco ad ascoltare i canti dei fedeli (molti immigrati, qualche italiano), poi me ne tornai a casa, molto contento.