La cosa abbastanza sconvolgente è che nessuno (giornalisti, critici letterari, scrittori, politici) abbia mai messo in risalto, scrivendo qualcosa come ad esempio un articolo ma anche semplicemente notandola e facendola notare, la citazione delle Passeggiate romane di Stendhal che ho inserito nel mio articolo, qui presente nel sito: «Considero il paesino di Nemi il quartier generale della Bellezza in Italia». Per verificare la citazione si veda il testo originale (Promenades dans Rome, Gallimard 1973, a pagina 658), e poi l’edizione italiana (Passeggiate romane, Garzanti 2004, a pagina 39). Già da alcuni anni esiste questo articolo e questo sito.
Nemmeno a Nemi, dico, il sindaco, un assessore al turismo… Quale frase pubblicitaria più utile e preziosa per il sito del Comune di Nemi?
(Tengo a precisare che io non c’entro niente, si potrebbe pubblicare la citazione e basta, senza assolutamente parlare di me). Le passeggiate romane sono uno dei libri più famosi di Stendhal.
Eppure, niente. Questo disinteresse ha qualcosa di terribile, eppure c’è qualcosa in esso che mi consola, che mi addolcisce invece di farmi arrabbiare. Forse ci sono gioielli che sfuggono proprio alla vista delle persone, troppo impegnate in altre faccende, perciò se gli fai vedere un miracolo divino, che so, l’apparizione di una enorme sfera luminescente in piena notte all’interno della piazza più affollata del mondo, nessuno la vedrà, o pochissimi. E forse è un bene. Dove c’è folla, c’è rumore, sudore, risse, insulti, partigianerie, liti, aggressioni, profeti improvvisati, televisioni, politici, ipocrisia eccetera eccetera.
Forse questo accade con il teatro del Santuario. Tutti sanno che esiste, sotto la villetta clamorosamente abusiva, ma a nessuno gliene importa assolutamente niente. In più la cosa è ancora più incomprensibile per il fatto che il “teatro” (non un teatro pubblico) era il luogo dove si svolgevano i riti del Santuario stesso. Molti indizi fanno pensare, come scrivo nel mio articolo, che il rito principale fosse lo scontro necessariamente mortale per ottenere la carica di “re del bosco”, forse in tarda età trasformato in una incruenta “rappresentazione scenica”.
Meglio così, appunto. Un tesoro che deve restare celato, forse per intercessione divina, che si serve del menefreghismo, dell’ignoranza, della vigliaccheria.